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Muccio & Counselors
Pubblicato da Giorgio Muccio in Attualità · 16 Aprile 2020
Tags: Covid
Un po’ di chiarezza sulle misure di limitazione alla libera circolazione ritengo sia necessaria.
 
Il primo provvedimento che ha disposto limitazioni è il DPCM dell’8 marzo che all’art. 1 lettera a) prevedeva “evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. E' consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”. Questo divieto, inizialmente previsto solo per le c.d. zone rosse (regione Lombardia e province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell'Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia) è stato esteso a tutto il territorio nazionale con il successivo DPCM del 9 marzo. Sempre nello stesso DPCM dell’8 marzo, ma all’art. 2 lettera c) veniva stabilito che “lo sport di base e le attività motorie in genere, svolti all'aperto ovvero all'interno di palestre, piscine e centri sportivi di ogni tipo, sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro”. Ebbene, questa possibilità (fare passeggiate, jogging, bicicletta, ecc.) non è mai stata modificata o soppressa fino al 10 aprile. Tuttavia, il 20 marzo il Ministero della salute con l’art. 1 lettera b) ha introdotto la famigerata prossimità (“resta consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona”). Questa previsione ha fatto sorgere due problematiche. La prima è di interpretazione sistematica con il DPCM dell’8 marzo, considerato che l’ordinanza del Ministero si riferisce solo all’attività motoria (passeggio) e non anche allo sport di base (jogging o ciclismo); la soluzione migliore sembrerebbe una chiara e corretta scelta di limitare solo le “passeggiate” nei pressi dell’abitazione, e non anche una attività sportiva che diventerebbe paradossale o impossibile se svolta a cortissimo raggio, soprattutto in zone dove non ci sono gli spazi per praticarla. La seconda problematica riguarda il concetto di prossimità di cui qui voglio specificatamente parlare.  
 
Nessuna norma giuridica definisce il concetto di “prossimità” per il semplice motivo che nel nostro ordinamento vige il principio di legalità per cui si può essere sanzionati solo per un fatto previsto espressamente da una norma in modo chiaro e determinato. Tale principio è sancito dalla Costituzione all'articolo 25, dal codice penale agli articoli 1 e 199, e dalla stessa L. 689/1981 che disciplina il sistema sanzionatorio per espressa previsione del Governo (DECRETO-LEGGE 25 marzo 2020, n. 19 - Art. 4 Sanzioni e controlli – comma 3 “Le violazioni sono accertate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689”).
 
Dunque, sentire in questi giorni disquisire i vari opinionisti su quale sia la distanza corretta per rispettare la prossimità è del tutto risibile, infatti, tale valutazione non spetta a noi o agli agenti accertatori, ma neanche ad un giudice, il quale se investito del ricorso avverso la sanzione dovrà solamente disapplicare la norma e non “valutare” la “valutazione” della polizia. Anche i sindaci e i governatori delle Regioni non potranno integrare la previsione, semplicemente perché non è nei loro poteri.
 
Solo per precisione, va ricordato che i vari DPCM che si sono succeduti in materia dall’8 marzo al 1° aprile 2020 sono stati sostituiti con l’ultimo (per ora) DPCM del 10 aprile che ha dato attuazione al D.L. del 25 marzo. In questo DPCM all’art. 1 comma 1 lettera a) è così previsto: “sono consentiti solo gli spostamenti  motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute e, in ogni caso, è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute e resta anche vietato ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale comprese le seconde case utilizzate per vacanza”. Alla successiva lettera f) è stabilito che: “è consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona”.
 
Come si vede, il Governo ha risolto (forse involontariamente e irragionevolmente) la prima problematica sulla distinzione tra attività sportiva di base e attività motoria; infatti, avendo abrogato il DPCM dell’8 marzo, ora la possibilità di uscire dall’abitazione, oltre, chiaramente alle comprovate esigenze previste dalla lettera a), è limitato all’attività motoria. Tuttavia, non è stato risolto il problema legato alla genericità del concetto di “prossimità” che è stato trasfuso tout court dall’ordinanza del Ministero della salute del 20 marzo.


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